Nei primi secoli del VI millennio a.C. arrivarono via mare sulle coste liguri e tirreniche i primi uomini neolitici. La civiltà neolitica, quando l’uomo abbandonò lo stadio di cacciatore-raccoglitore e produsse beni per il proprio sostentamento tramite l’agricoltura e l’allevamento, si sviluppò nel Vicino Oriente in un arco di tempo tra il 12000 e il 7000 a.C. Successivamente una parte della popolazione neolitica si trasferì in Grecia e di lì intorno a il 6100 a.C. raggiunse, via mare, la costa italiana dell’Adriatico e poi nell’arco di due secoli arrivò alle coste italiane del Tirreno settentrionale, delle due isole maggiori, la Sardegna e la Corsica, e delle isole dell’Arcipelago Toscano.[1]
Tra le prime materie a diventare oggetto di scambio, anche a vasto raggio, vi fu l’ossidiana, un vetro nero originato da colate vulcaniche acide che nel Mediterraneo occidentale, si trova essenzialmente nelle isole di Lipari, Pantelleria, Palmarola, e Sardegna. L’ossidiana era particolarmente ricercata per la sua duttilità e efficacia nella manifattura di strumenti. La società neolitica, divenendo parzialmente dipendente da questo singolare ‘vetro vulcanico’, ne apprezzò a tal punto le doti che ne ricercò le fonti e ne sfruttò i giacimenti, anche se lontani dai luoghi di utilizzazione, facendo viaggiare l’ossidiana per centinaia di chilometri, principalmente per mare. Si crearono così le prime rotte di approvvigionamento che possiamo definire commerciali. Si trattò di vie di percorrenza soprattutto marittima, dato che l’ossidiana, almeno nel Mediterraneo centrale era particolarmente presente nelle piccole isole. Ciò dimostra come l’uomo neolitico avesse già trovato una completa dimestichezza con il mare. Per le nascenti società neolitiche il mare non era, dunque, per nulla un ostacolo, bensì un formidabile veicolo di comunicazione che ne agevolava le capacità produttive, ne favoriva i contatti e indusse alla conquista di nuove terre da colonizzare.[2]
L’arrivo dell’uomo neolitico a Capraia è stato attestato dal ritrovamento, avvenuto alcune decine di anni fa nell’area meridionale dell’isola (piana dello Zenobito), di nove manufatti di ossidiana. Con l’impiego di diversi metodi analisi, è stato determinato che queste ossidiane provenivano dai giacimenti di Lipari e della Sardegna.[3] Recentemente altre ossidiane sono state rinvenute in diverse località dell’isola quali La Piana e il monte Castello.[4] Ad oggi le ricerche fatte sull’isola non hanno individuato un sito dove l’uomo neolitico si sia insediato, anche se numerosi manufatti di silice ed una punta di freccia (non ancora studiate) fanno pensare che non sia stato un passaggio sporadico ma via sia stata una frequentazione assidua. Probabilmente per il navigatore neolitico, che commerciava tra la Sardegna, la Corsica e la costa toscana, Capraia, come le altre isole dell’arcipelago, rappresentava uno scalo di transito per l’approvvigionamento di acqua e cibo, e rifugio in caso di mare in tempesta. Lo studio dei manufatti di ossidiana e dell’industria litica fa supporre una frequentazione dell’isola tra il Neolitico e l’età del rame (3400-2200 a.C.).[5]

Ossidiane di Capraia (A. Naldi)
Alcune strutture in pietra, simili a dei dolmen, che emergono in diverse parti dell’isola, potrebbero appartenere all’età del rame e potrebbero essere una testimonianza che nell’isola vi sia stato un insediamento umano.[6]
Man mano che si sviluppava l’età dei metalli il passaggio dell’uomo nell’isola divenne più evidente. Le prime testimonianze di questa presenza sono legate all’attività del commercio che si instaurò nel Tirreno a partire dal VI secolo a.C., attività promossa da i due popoli colonizzatori, i Fenici e i Greci, e dagli Etruschi.[7] Mentre i Fenici, dalla loro colonia di Cartagine conquistarono inizialmente solo la Sardegna, i Greci si insediarono in Corsica e sulla costa della Provenza dove fondarono, intorno al 600 a.C., Massalia (Marsiglia).

Anfora fenicia (D’Angelo M.C)
La frequentazione dei Fenici a Capraia è testimoniata da un’anfora risalente al VII secolo a.C. ricuperata nel 1963 al largo della costa.[8]
I Greci provenivano da Focea, città greca sulla costa dell’Asia Minore, ed erano abili navigatori e mercanti. In Corsica essi fondarono, intorno al 565 a.C., un emporio commerciale in Alesia o Alalia (Aleria) pochi chilometri a sud dell’odierna Bastia da dove si poteva vedere all’orizzonte Capraia. La loro frequentazione dell’isola è testimoniata dal ritrovamento nella baia del Porto di un collo di anfora iono-massaliota.[9] I Focesi di Alesia avevano frequenti scambi commerciali sia con i Fenici della Sardegna che con gli Etruschi. Quest’ultimo era un popolo che si era sviluppato principalmente lungo la costa della Toscana e del Lazio dove aveva fondato fiorenti città. Tra queste una delle più importanti e attiva negli scambi commerciali fu Caere (Cerveteri), mentre più a Nord si sviluppò la città di Populonia. Attorno al 540 a.C. per punire gli attacchi pirateschi dei Focesi di Alesia, gli Etruschi e i Cartaginesi si allearono e sconfissero la flotta focese. Dopo la sconfitta, i Focesi abbandonarono la Corsica che venne occupata dagli Etruschi che mantennero rapporti commerciali con Massalia, dove esportavano il loro vino.[10]
Fra V e IV a.C. il rapporto della città etrusca di Populonia con le isole dell’Arcipelago Toscano e la Corsica divenne molto stretto, in particolare con l’isola d’Elba inserita nel distretto metallurgico che faceva capo alla città. È probabile che in questo periodo gli Etruschi abbiano utilizzato per i loro forni metallurgici del legname proveniente da Capraia. Infatti, l’isola nel periodo preistorico doveva esser ricoperta da un manto boschivo, probabilmente di lecci.[11]
La presenza degli Etruschi a Capraia è testimoniata da tre anse di anfore provenienti dai fondali dell’isola.[12]
A partire dal V secolo a.C. un nuovo protagonista si affacciò sul mare Tirreno e con il suo espansionismo dapprima sottomise o assorbì le varie città etrusche e poi con la prima guerra punica (264-241 a.C.) si affermò anche come potenza navale decretando il declino inevitabile di Cartagine. Nel 259 a.C. i Romani presero Aleria in Corsica e subito dopo la fine della guerra iniziarono la conquista della Sardegna che fino ad allora era stata dominata dai Cartaginesi. Durante la seconda guerra punica (218- 202) i Romani conquistarono la parte meridionale e la costa orientale della Spagna scacciandovi i Cartaginesi.
Tra il III e il II secolo a.C. Roma conquistò anche l’Italia settentrionale, la Gallia Cisalpina, sottomettendo le popolazioni locali. Ma l’espansionismo di Roma non si arrestò e nella seconda metà del II secolo raggiunse la Gallia (l’attuale Provenza) creando nel 121 a.C. la provincia della Gallia Transalpina o Narbonense. Con questa ultima conquista I Romani possedevano tutte le coste del Mare mediterraneo nord-occidentale.
È a partire dalle vittorie navali della prima guerra punica che Roma divenne una potenza marinara e creò nel Mediterraneo un vasto sistema di commercio.
Nelle rotte commerciali del Tirreno settentrionale si inserì anche Capraia, anche se fino al I secolo d.C., quando fu creato un insediamento romano nella zona del Porto, non si ha notizia di uno stabile insediamento.
Prima di questo secolo la presenza dei Romani a Capraia deve essere stata legata principalmente alla possibilità di sosta e di rifugio che la sua baia principale consentiva in caso di mare tempestoso e di forti venti. Il principale ritrovamento in mare relativo a questo periodo è quello della nave romana delle Formiche, oggetto di un rilievo e scavo sistematico negli anni 2007-2009. Il relitto è stato datato, sulla base delle ceramiche e delle anfore, alla metà del II secolo a.C.: era probabilmente una piccola imbarcazione proveniente da uno dei porti della costa in navigazione verso il sud della Francia. Il carico della nave consisteva in anfore di diverso tipo, in ceramica campana a vernice nera tra cui due guttus o askos, e una lampada in ceramica. Nella zona del relitto fu rinvenuto, nel 1978, anche il ceppo di un ancora romana.[13]
In questo periodo apparve per la prima volta in un testo letterario il nome di Capraia, citato da Marco Terenzio Varrone (116 – 27 a.C.): sic quas alimus caprae a capris feris ortae, a quis propter Italiam Caprasia insula est nominata.[14]
Con l’avvento dell’età imperiale nel I secolo d.C. a Capraia, come in altre isole dell’Arcipelago Toscano, venne costruita una villa marittima, in fondo alla baia principale dell’isola, che rimase in vita fino al V secolo, dove ora sorge la chiesa dell’Assunta al Porto. Di questa villa non sono rimasti resti superficiali.

La Venere di Capraia
Nel 1912 durante degli scavi agricoli nell’area fu rinvenuta una statua in marmo acefala di Venere e dei bassorilievi in marmo.

Bassorilievo (Ritrovamento 1912)
Uno scavo di indagine, nella zona dove si presume fosse la villa romana, è stato condotto dalla Soprintendenza Archeologica della Toscana nel 1983-1985. Furono rinvenute due strutture murarie risalenti al tardo periodo di vita della villa: la prima era un impianto di vasche, in opus signinum, probabilmente destinato alla lavorazione del pesce, la seconda era un ambiente di uso produttivo, pavimentato con malta, e dotato di una vasca e un pozzetto di scarico.

Lo scavo al porto 1983-1985
Al V secolo sono state anche attribuite due sepolture rinvenute nella stessa area, la prima con un inumato privo di corredo, mentre la seconda, rinvenuta nel 1988, conteneva un inumato con il suo ricco corredo che comprendeva due fibbie per cintura, una spatha ed un pugnale. Quest’ultima sepoltura dovrebbe essere collocata negli anni centrali del V secolo e nell’inumato dovrebbe essere riconosciuto un federato, franco o alemanno, delle ultime milizie dell’Impero d’Occidente.

La spatha del guerriero
Nel 456 le forze imperiali, sulla via del ritorno dalla Gallia, intercettarono e distrussero nelle acque della Corsica una flotta vandala che stava muovendo al saccheggio della Gallia meridionale e dell’Italia tirrenica. Nella battaglia “della Corsica” potrebbe essere morto il militare di Capraia e i suoi commilitoni potrebbero avergli dato onorata sepoltura nell’isola.[15]

Le fibule del guerriero
Numerosi sono stati i reperti trovati nell’isola e nelle acque antistanti il porto di Capraia ad indicare una frequentazione dell’isola lungo tutto il periodo imperiale. Si tratta di frammenti di anfore italiche, ispaniche, galliche e africane, di un dolio, di ceramica africana da cucina, e di tre ceppi d’ancora, in gran parte ritrovati nella baia del Porto, e monete romane di epoca imperiale.[16]
Il nome di Capraia venne citato sempre più frequentemente nelle opere dei geografi e naturalisti del periodo imperiale. Tra i latini Gaio Plinio Secondo (23-79 d.C.) nella Naturalis Historia, descrivendo le isole del Mare Ligustico e la Corsica scrisse “…Capraria, quam Graeci Aegilon dixere …”;[17] Pomponio Mela (I secolo d.C.) nella Chorografia la elencò tra le isole a nord del Tevere con il nome “Capraria”.[18] L’astronomo e geografo Claudio Tolomeo (II secolo) nella sua Geografia, scritta in greco, pose Capraia nell’Arcipelago Ligure come Καπραρία νῆσος con le coordinate di 32° di longitudine dalle isole Fortunate (isole Canarie) e 42° di latitudine dall’Equatore.[19]
Roberto Moresco Febbraio 2019
[1] Pessina A., Tiné V., Archeologia del Neolitico, L’Italia tra VI e IV millennio a.C., Roma 2015. pp.17-34 e 235-240.
[2] Tusa S., Uomini, navi e merci nel Mediterraneo Antico, http://www.treccani.it/scuola/dossier, 2011.
[3] Tykot R. H., Obsidian procurement and distribution in the Central and Western Mediterranean, Journal of Mediterranean Archeology, 9. I, 1996, p. 54.; Ducci S., Perazzi P., Il Neolitico antico dell’Arcipelago Toscano, in Tozzi C., Weiss M. C. (a cura di), Il primo popolamento olocenico dell’area corso- toscana, Pisa 2000, p. 55.
[4] Naldi A., Monte Castello (Capraia Isola) Prime considerazioni sugli antichi insediamenti del Monte Castello. (Sopralluogo del 3 settembre 2017), in https://storiaisoladicapraia.com.
[5] Bigazzi G., Radi G., Datazione con le tracce di fissione per l’identificazione della provenienza dei manufatti di ossidiana, Rivista di scienze preistoriche, XXXVI 1-2, 198, p. 242.
[6] Questa è una speculazione dell’autore ma è un’ipotesi non del tutto fantasiosa visto che i dolmen si ritrovano nella vicina Corsica. Non risulta che vi sia stato alcuno studio sull’argomento
[7] Pallottino M., Genti e Culture dell’Italia Preromana, Roma 1981.
[8] D’Angelo M.C., Un’anfora fenicia da Capraia, Studi Classici e Orientali, 40, 1991, pp. 383-386.
[9] Pancrazzi O., Pisa, testimonianze di una rotta greca arcaica, La parola del passato, CCIV-CCVII, 1982, pp. 340-342.
[10] Moscati S., La Civiltà Mediterranea, Milano 1980, pp. 158-165; Erodoto, Le storie, I, Milano, 1988 [1988], pp.182-187.
[11] Cristofani M., Gli Etruschi del mare, Milano 1983, p. 85; E. Morelli L’isola di Capraia, Progetto di un paesaggio insulare mediterraneo da conservare, Firenze 2002, p. 41.
[12] Paoletti M, Isola di Capraia (Livorno): materiali romani e medioevali da recuperi subacquei, Rassegna di Archeologia, 4, 1984, p. 198.
[13] Atauz A. D., Peter Holt, Bartoli D. G., Gambogi P., A Roman Shipwreck off the Island of Capraia, Italy, http://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2011-234.pdf, 2011; Cocchi D., Isola di Capraia, in Bollettino d’Arte, Supplemento, Archeologia Subacquea, 4, 1982, p. 86[1984]
[14] Varrone M. T., Rerum rusticarum de agricoltura, Liber II, III, in www.thelatinlibrary.com/varro: “… così le capre che noi alleviamo discendono da capre selvatiche, dalle quali vicino alle coste d’Italia ha preso il nome l’isola di Capraia …”.
[15] Ducci S., Ciampoltrini G., Archeologia a Capraia: la tomba di un militare tardo antico, Bollettino di Archeologia, 7, Roma 1991, pp. 53-72; Ducci S., Ciampoltrini G, Bedini E., Una sepoltura tardo-antica dal porto di Capraia, Archeologia Medievale, XIX, 1992, pp. 369-377.
[16] Paoletti M., Isola di Capraia (Livorno): materiali romani e medioevali da recuperi subacquei, Rassegna di Archeologia, 4, 1984; pp.181-208; Bejor G., Gras M., Capraia(isola), in Nenci G., Vallet G. (a cura di), Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca In Italia e nelle Isole Tirreniche, IV,1985, pp. 443-445; Riparbelli A., Monete romane rinvenute in Capraia Isola, Firenze 1982.
[17] Plinio G. S., Naturalis Historia, Parigi 1685, p. 339.
[18] Mela P., De Chorographia, a cura di P.G. Parroni, Liber Secundus, Roma, p. 154.
[19] Tolomeo C., Geographia, edito da Nobbe C.F.A., Tomo I, Lipsia 1843, p. 155; Isola di Capraia (traduzione).